Le indagini bancarie sono attività di investigazione sempre più pericolose e difficili da gestire nella difesa del contribuente, anche perché la giurisprudenza ha dato ampio spazio di manovra agli organi di verifica.

Con la sentenza n. 54/2022 la Ctp di Imperia stabilisce che esiste un limite alle indagini sui conti correnti dell’imprenditore e dei suoi congiunti, talmente netto che, se superato, può causare l’illegittimità dell’intero accertamento basato su quelle indagini.

 

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La vicenda prende spunto da una attività di indagine svolta dalla Guardia di Finanza su un imprenditore agricolo al quale veniva contestata una evasione d’imposta che, con le sanzioni, superava il milione di euro.

L’organo di verifica durante le attività di indagine metteva sotto controllo non soltanto i conti correnti dell’imprenditore, ma anche quelli del padre e della madre, anch’essi imprenditori agricoli, anche se l’indagato non aveva su detti conti alcuna delega, né ad operare, né tanto meno passiva.

Inoltre sulla base delle indagini bancarie, senza alcuna distinzione, i verificatori avevano imputato tutti i movimenti bancari ritenuti non giustificati all’imprenditore indagato.

In questo modo, con l’imputazione di redditi palesemente non propri, all’indagato veniva contestato anche il superamento del limite al di là del quale si riscontra una violazione penale tributaria.

A seguito della ricostruzione minuziosa delle modalità di esecuzione delle indagini effettuata dalla difesa,  erano emerse alcune irregolarità nello svolgimento dell’attività amministrativa che sembravano addirittura in contrasto con le stesse istruzioni interne dell’amministrazione finanziaria ed in particolare con le circolari ministeriali dell’Ae e con la circolare n. 1/2018 della GdF.

I giudici di primo grado hanno ritenuto corretta la ricostruzione effettuata dalla difesa e hanno riconosciuto che effettivamente sussistevano delle irregolarità commesse dagli organi di verifica che, durante le indagini, non hanno fatto buon uso del loro potere istruttorio.

Ma i giudici non si sono fermati a constatare solo le irregolarità commesse durante verifica fiscale, hanno proseguito con l’esame delle conseguenze che quelle irregolarità avevano provocato all’atto amministrativo emesso, ovvero all’accertamento tributario derivante dal Pvc – processo verbale di constatazione – predisposto alla fine delle indagini.

Così hanno ritenuto di annullare l’accertamento per “illegittimità derivata”, dalla irregolarità della procedura utilizzata per effettuare le attività istruttorie, dalle quali poi è scaturito l’avviso di accertamento, ora annullato.

La sentenza merita davvero attenzione poiché sia le ragioni della irregolarità originaria, relative al modo di condurre le indagini bancarie, sia le motivazioni dell’annullamento dell’avviso di accertamento per illegittimità derivata, sono notevoli e non usuali nella giurisprudenza tributaria.

Insomma una sentenza di primo grado favorevole al contribuente, che annulla un procedimento amministrativo del valore di oltre 1 milione di euro, che avrebbe potuto rovinare non soltanto un’impresa ma anche la vita di intere famiglie, pur essendo basato su una irregolarità procedurale rilevante.

 

Allegato: sentenza CPT 54-2022

 

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