Holding all’estero: quando conviene e quando no, utilizzi e vantaggi spiegati (guida 2025)

1) Perché una holding all’estero? L’idea, la realtà e i (nuovi) paletti

Per molte famiglie imprenditoriali e PMI italiane “fare la holding all’estero” suona come una scorciatoia verso un fisco più leggero e una burocrazia più semplice. La verità è più sfumata: una holding estera può essere eccellente per coordinare partecipazioni in più Paesi, attrarre capitali, centralizzare funzioni (finanza, legale, IP) e pianificare il passaggio generazionale internazionale; può però disintegrarsi alla prima verifica se manca sostanza economica (substance), coerenza operativa, documentazione di transfer pricing, gestione di CFC e rispetto della residenza fiscale secondo le nuove regole dal 2024 in poi.

Dal 1° gennaio 2024 l’art. 73 TUIR è stato aggiornato: la residenza fiscale di una società si valuta guardando dove si trovano la sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale per la maggior parte del periodo d’imposta; è stata inoltre rafforzata la logica sostanziale, con presunzioni e criteri che guardano al luogo effettivo in cui si assumono le decisioni e si dirige l’ente. Questo irrigidimento mira proprio a intercettare le “scatole vuote” estere (esterovestizione). 

In parallelo, la disciplina CFC (art. 167 TUIR) è stata resa più stringente e aggiornata (anche nel 2025) per tassare in Italia – in capo al controllante – redditi di società estere low-tax che non dimostrano sufficienti funzioni/mezzi/assunzione rischi. Novità recenti hanno toccato calcoli, minimi e oneri dichiarativi. 

Morale: la holding estera è un progetto (strategico, giuridico e operativo), non un indirizzo postale.

 

2) Quando conviene davvero una holding estera

2.1 Coordinare partecipazioni e crescita internazionale

Se il gruppo ha (o avrà) società operative in diversi Paesi, una holding estera in una giurisdizione stabile, con trattati robusti e regole prevedibili, può semplificare governance e flussi (dividendi, interessi, royalties), migliorando la gestione dei rischi politici/fiscali e la certezza del diritto.

2.2 Accesso a capitali e talenti

Talune piazze offrono strumenti societari/finanziari adatti a investitori internazionali e stock option competitive, utili per attrarre management. Avere il “capogruppo” dove si svolge il fundraising e dove risiede il team C-level può essere decisivo per l’equity story.

2.3 Centralizzazione di funzioni e IP

La holding estera può accorpare funzioni “di gruppo” (tesoreria, legale, HR, IT, marketing internazionale, IP management) e fornirle alle controllate tramite service agreement con prezzi “arm’s length” e KPI chiari – documentazione che in Italia è disciplinata dal Provvedimento AE del 23/11/2020. 

2.4 Pianificazione patrimoniale e passaggio generazionale internazionale

In famiglie con asset cross-border, la holding estera può essere il “cassone” che integra patti di famiglia, trust o family charter garantendo neutralità e regole condivise sulle partecipazioni, nel rispetto dei trattati anti-doppia imposizione.

3) Quando non conviene (o va ripensata)

  • Gruppo solo domestico: niente clienti, persone chiave o funzioni all’estero. In questi casi i costi/complessità della holding estera superano i benefici.
  • Motivazione solo fiscale: senza substance (uffici, amministratori effettivi, verbali, personale/outsourcing qualificato, funzioni reali), la struttura è a rischio esterovestizione.
  • Compliance insufficiente: transfer pricing assente, service agreement “di facciata”, documentazione non idonea → si perdono scudi sanzionatori e credibilità.
  • CFC non gestita: se la controllata estera è “a bassa tassazione” e non dimostra sostanza, il fisco italiano può tassare per trasparenza il controllante in Italia (con novità 2024-2025 su calcoli e minimi).
  • Rischio di stabile organizzazione (PE) in Italia: se la holding (o chi per essa) di fatto opera in Italia con poteri decisionali, si può configurare una stabile organizzazione e tassazione in Italia, secondo OCSE/MLI (incluse regole anti-frammentazione).

4) Come funziona (bene) una holding estera: la substance spiegata semplice

Substance significa dimostrare – con fatti e documenti – che la capogruppo vive davvero nella sua giurisdizione:

  • Sede effettiva: riunioni periodiche del CdA svolte lì, verbali, delibere firmate, amministratori residenti con deleghe effettive; disponibilità di uffici/servizi. Le pronunce italiane ribadiscono l’approccio sostanziale (non basta l’atto costitutivo estero).
  • Funzioni e rischi: la holding gestisce partecipazioni, finanza, IP, service center; negozia contratti; assume rischi coerenti; usa personale (interno o esterno) con contratti reali.
  • Contratti infragruppo e TP: service agreement con SLA/KPI, prezzi allineati al mercato, benchmark e Local/Master File per penalty protection in Italia.
  • Flussi coerenti: dividendi, interessi, royalties, management fee coerenti con i trattati, con attenzione a ritenute alla fonte e credito d’imposta in entrata/uscita.
  • Controlli periodici: audit interni, calendarizzazione adempimenti, reporting verso i soci e verso le controllate.

5) Scelta della giurisdizione: criteri pratici (non solo aliquote)

  1. Stabilità giuridica e reputazione.
  2. Trattati con l’Italia e rete di convenzioni.
  3. Regime su dividendi/plusvalenze (PEX/participation exemption), interessi, royalties.
  4. Costo/complessità di segreteria societaria, audit, filing.
  5. Accesso a capitali e talenti, fusi orari, lingua, infrastrutture.
  6. Coerenza con la catena del valore del gruppo (dove sono i team? dove si collocano clienti e funzioni?).

6) Fisco & compliance: i 5 snodi da presidiare

 

6.1 Residenza fiscale (art. 73 TUIR, dal 2024)

La residenza si fonda su sede legale, sede dell’amministrazione e oggetto principale per la maggior parte del periodo: contano direzione effettiva e luogo delle decisioni; presente anche una presunzione legale relativa in taluni casi. Pianificare la governance (deleghe, verbali, firme) è cruciale. 

6.2 Esterovestizione: come si evita

Indizi tipici: amministratori di comodo, delibere firmate tutte in Italia, contratti negoziati da uffici italiani, servizi resi senza corrispettivo, assenza di personale/fornitori locali. La giurisprudenza guarda alla sostanza, anche in ambito IVA (non solo imposte dirette). 

6.3 CFC (art. 167 TUIR): cosa succede se scatta

Se la controllata estera è a bassa tassazione e non supera i test funzionali, i suoi utili sono tassati per trasparenza in Italia in capo al controllante; dal 2024-2025 sono intervenuti ritocchi su condizioni e adempimenti (modello, quadro FC, imposta minima/semplificazioni). Serve documentare funzioni, rischi e mezzi, e – se del caso – valutare interpelli o disapplicazioni. 

6.4 Transfer pricing & Service Agreement

Il Provvedimento AE 23/11/2020 definisce la documentazione idonea a presidio sanzioni: Masterfile e Local File con analisi funzionale, metodo (CUP, cost plus, TNMM), benchmark, contratti e SLA. Le PMI possono usare approcci proporzionati, ma la forma conta. 

6.5 Stabile organizzazione (PE)

Se, di fatto, la holding opera in Italia (es. persone con potere di concludere contratti, cantieri, uffici “fissi”), può configurarsi una PE in Italia con tassazione qui. Le linee OCSE e le regole anti-frammentazione aiutano a leggere i confini. 

7) Flussi tipici: dividendi, interessi, royalties, management fee

  • Dividendi: valuta ritenute alla fonte nel Paese della partecipata, crediti d’imposta in entrata, eventuali regimi PEX nel Paese della holding.
  • Interessi/Royalties: attenzione a limiti su deducibilità interessi, “beneficial ownership”, regole anti-ibridi e withholding.
  • Management fee: documentare funzione, base di calcolo, mark-up e benefici per le controllate (no “scatole vuote” che fatturano servizi generici).

8) Errori frequenti (da non fare)

  1. Costituire all’estero e continuare a decidere tutto in Italia.
  2. Nessun service agreement, oppure prezzi “a sentimento” senza benchmark.
  3. Sottovalutare CFC (conti “a bassa imposizione” senza funzioni reali).
  4. Ignorare il rischio di stabile organizzazione in Italia.
  5. Usare la holding estera solo per immobiliare italiano passivo: spesso non ha senso (meglio veicoli domestici dedicati).
  6. Assenza di verbali, deleghe, piani: alla verifica, tutto crolla.

9) Checklist operativa (prima di aprire la holding)

  • Strategia scritta (perché estero? funzioni? quali asset? timeline?).
  • Mappa funzioni: chi decide cosa, dove, con che deleghe; risorse interne/esterne.
  • Short list Paesi: trattati, PEX locale, costo compliance, reputazione.
  • Governance: statuto, patti, composizione CdA, responsabili di funzione.
  • Contrattualistica: service agreement con SLA/KPI, IP assignment, licenze marchi.
  • Transfer pricing: metodo, benchmark, Master/Local file (penalty protection).
  • CFC & PE risk assessment: test e presidi; se necessario, interpello.
  • Calendario: reporting, verbali, audit, adempimenti annuali.

10) Casi d’uso (dove funziona e dove no)

Funziona quando:

  • ci sono vere funzioni centralizzate (tesoreria, legale, IP, HR);
  • si gestisce M&A internazionale e fundraising;
  • la holding è il polo decisionale e ospita il management;
  • si vogliono unificare regole di governance su rami familiari in più Paesi.

Non funziona quando:

  • tutto il cuore decisionale resta in Italia;
  • la holding “non fa nulla” ma fattura management fee;
  • si mira a “saltare” regole IVA/imposte sugli immobili italiani;
  • non c’è budget per compliance documentale e governance.

11) Il ruolo di BC Formula come partner strategico

Disegniamo holding estere sostenibili: strategia (perché e dove), governance (statuti, patti, deleghe), service agreement e transfer pricing (con dossier secondo Provvedimento AE 23/11/2020), analisi CFC, PE risk, ritenute/trattati, e calendarizzazione degli adempimenti. Lavoriamo con approccio operativo: verbali, KPI, processi, non slide.

Mini-caso (persona)

Franco gestiva due operative UE e una JV extra-UE. Voleva una holding estera “per crescere”, ma decideva tutto dall’Italia. Abbiamo:

  • spostato deleghe e riunioni nella giurisdizione estera;
  • creato un service center (tesoreria/legale) con SLA e mark-up documentato;
  • impostato Master/Local File e policy prezzi;
  • verificato CFC e ritenute sui dividendi in entrata/uscita.

Risultato: flussi coordinati, penalty protection documentale, assetto coerente con le regole di residenza e niente sorprese in verifica.


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12) Domande frequenti (FAQ)

La holding estera fa “pagare meno tasse” automaticamente?
No. Senza substance e coerenza puoi incorrere in esterovestizione o PE in Italia, con recuperi e sanzioni. 

Qual è il documento chiave per evitare sanzioni TP?
La documentazione idonea (Master/Local File) ex Provvedimento AE 23/11/2020, più service agreement con prezzi e SLA solidi. 

Cosa è cambiato nel 2024-2025 su residenza e CFC?
L’art. 73 TUIR è stato aggiornato (decorrenza 2024) rafforzando la lettura sostanziale della residenza; la CFC ha avuto interventi su condizioni/calcoli/adempimenti nel 2024-2025. 

È vero che esiste una “presunzione” di residenza in Italia per certe esterovestizioni?
Sì, la giurisprudenza e l’art. 73 includono presunzioni e criteri sostanziali: conta dove si dirige davvero l’attività. 

Se la holding ha solo partecipazioni, basta per “substance”?
No: serve dimostrare funzioni coerenti (governance, finanza, IP, contratti), decisioni prese lì e risorse per svolgerle (interne/esterne con contratti reali).

Quanto tempo serve per farla bene?
In media 2–6 mesi, tra analisi, costituzione, setup governance/contratti, TP e calendario adempimenti.

13) Conclusioni operative

Una holding estera conviene quando è il naturale baricentro del gruppo: lì si decide, lì si gestiscono funzioni e contratti, lì si raccolgono capitali e si proteggono asset. Conviene molto meno (o non conviene affatto) quando si cerca un “indirizzo” senza substance.

Se vuoi che regga a controlli e serva al business, parti da qui: obiettivi chiari, giurisdizione coerente, governance viva, service agreement e documentazione TP, CFC/PE risk assessment e routine di compliance. Il resto viene da sé.

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