Accertamento fiscale cos’è

L’accertamento fiscale rappresenta un atto di natura amministrativa emanato dall’Agenzia delle Entrate.

Con tale documento, l’Agenzia delle Entrate ufficialmente richiede al contribuente il pagamento di imposte non dichiarate, oltre a sanzioni e ad interessi, rispetto a quanto egli avesse precedentemente comunicato all’erario tramite la presentazione della propria dichiarazione dei redditi, considerata infedele, oppure qualora non venisse presentata alcuna dichiarazione (dichiarazione omessa).

Questo atto viene emesso nei confronti di un contribuente, che può essere una persona fisica o una società, quando, a seguito di una verifica fiscale o di un controllo tributario, si riscontri una forma di evasione fiscale.

La notifica può avvenire:

  • presso la residenza o il domicilio del contribuente, nel caso di una persona fisica;
  • presso la sede legale, nel caso di società o enti equiparati.

L’avviso può essere notificato attraverso diverse modalità:

  • tramite ufficiale giudiziario presso il domicilio, la residenza o la sede legale (nel caso di società) del contribuente;
    mediante raccomandata con avviso di ricevimento (A/R);
  • tramite Posta Elettronica Certificata (PEC).

Per quanto riguarda le imposte sui redditi e l’iva, gli accertamenti fiscali possono essere suddivisi nelle seguenti categorie: controlli automatizzati, formali e sostanziali.

I controlli automatizzati sono di natura meccanica e coinvolgono semplici operazioni aritmetiche su tutte le dichiarazioni dei contribuenti. In questo contesto, l’Amministrazione finanziaria verifica solamente la correttezza dei calcoli effettuati dal contribuente nella dichiarazione. Il termine di decadenza per i controlli automatizzati è entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo.

I controlli formali e sostanziali, invece, sono selettivi e si concentrano su categorie specifiche di contribuenti, secondo i criteri stabiliti dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Quelli formali consistono in verifiche più approfondite delle dichiarazioni, comportando la richiesta di documentazione al contribuente o a terzi a lui collegati, ed il termine di decadenza cade il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione.

Quelli sostanziali invece, anch’essi basati su criteri selettivi, sono eseguiti sia in caso di dichiarazioni mendaci che in caso di omissioni. All’interno di essi, l’Amministrazione finanziaria detiene un ampio potere ispettivo, che può essere esercitato anche attraverso la Guardia di Finanza, comprendendo l’accesso a aziende, residenze private e studi professionali dei contribuenti. Il loro termine di decadenza è entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione; nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

 

Avviso bonario e avviso di accertamento: come riconoscerli?

I controlli automatici e formali si completano con la notifica di un avviso bonario, seguito dall’iscrizione delle somme a ruolo e dalla notificazione della cartella esattoriale.

Il controllo automatico può essere eseguito direttamente mediante la cartella, che rappresenta il primo atto attraverso il quale il contribuente viene informato dell’obbligo tributario. Al contrario, il controllo formale deve necessariamente concludersi con l’avviso bonario, notificato al contribuente prima dell’emissione della cartella esattoriale (come confermato dalla Cassazione civile, sez. trib., 17/12/2019, n.33344).

Il controllo sostanziale dovrebbe invece sempre concludersi con la notifica di un avviso di accertamento, ovvero un atto amministrativo che conclude il procedimento di controllo. Qualsiasi cartella derivante da un accertamento sostanziale non preceduto dalla notifica dell’avviso di accertamento è considerata illegittima.

È di vitale importanza per il contribuente riuscire a riconoscere questi atti: l’avviso di accertamento dovrebbe essere immediatamente sottoposto a un professionista del settore, come un commercialista o un avvocato tributarista, poiché dalla sua notifica decorrono i 60 giorni utili per presentare un’impugnazione presso la Commissione Tributaria provinciale. Superato questo termine, l’atto diventa definitivo, limitando notevolmente le azioni di tutela che il professionista può intraprendere a favore del contribuente.

L’avviso bonario e l’avviso di accertamento sono entrambi atti impositivi che devono seguire determinate formalità nella comunicazione: di solito vengono trasmessi tramite raccomandata con avviso di ricevimento o via posta elettronica certificata, nel caso in cui il contribuente abbia un domicilio digitale formale (come nel caso di liberi professionisti o imprese). Entrambi sono intestati all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, con contrassegno e denominazione generalmente posizionati nella prima pagina, nell’angolo in alto a sinistra. Inoltre, sono intestati al contribuente, includendo tipicamente nome e cognome, residenza e codice fiscale.

Nel contenuto dell’avviso bonario, si fa riferimento alla dichiarazione e si evidenziano e motivano le irregolarità riscontrate nei diversi riquadri. Caratteristica distintiva dell’avviso bonario è l’invito a saldare l’imposta aggiuntiva e le sanzioni entro 30 giorni dalla ricezione dell’atto, utilizzando il modello F24 precompilato allegato all’avviso stesso.

L’avviso di accertamento, facilmente identificabile per la sua complessità, contiene una dettagliata motivazione sull’attività istruttoria condotta dall’Amministrazione. Nella parte superiore di ogni pagina, presenta una rubrica che indica il tipo di atto, il numero identificativo, l’anno di imposta di riferimento e il codice fiscale del destinatario.

 

Cosa fare in caso di accertamento fiscale e come difendersi

In caso di accertamento, il contribuente riceve la notifica dell’avviso tramite la consueta “busta verde”, il cui contenuto è consigliato esaminare attentamente per evitare sorprese future. L’avviso di accertamento si riferisce alla verifica condotta dall’Amministrazione e al tipo di tributo da riscuotere. Questo documento spiega come e entro quali termini è possibile contestare gli addebiti inclusi, informazioni cruciali per valutare la loro legittimità o contestabilità.

Dopo la notifica dell’avviso di accertamento, al contribuente è concesso un periodo di sessanta giorni per presentare un ricorso o richiedere l’annullamento del provvedimento. In assenza di contestazioni, il contribuente può effettuare il pagamento entro lo stesso periodo, evitando così sanzioni e interessi aggiuntivi.

 

Come difendersi

Ecco cosa si può fare.

Annullamento in via di autotutela.

Il diritto amministrativo consente al cittadino di richiedere l’annullamento dell’accertamento in via di autotutela, solitamente per vizi evidenti che l’Amministrazione ritiene sufficienti per renderlo annullabile. Ad esempio, un avviso di accertamento notificato al soggetto sbagliato o con motivazioni insufficienti. Il contribuente può presentare un’istanza, di solito senza requisiti formali stringenti, indicando i vizi e chiedendo l’annullamento in via di autotutela.

Ricorso.

Se l’annullamento in via di autotutela è negato o non è utilizzabile, il contribuente può rivolgersi al giudice competente (Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado) presentando un ricorso entro sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. Con l’assistenza di un professionista, il contribuente può valutare vizi sia sostanziali che formali e presentarli ai giudici tributari di merito.
In caso di soccombenza, il contribuente è tenuto a rimborsare le spese legali all’Amministrazione, oltre a versare le sanzioni intere senza le riduzioni previste per l’acquiescenza.

Acquiescenza.

L’acquiescenza consente al contribuente, rinunciando all’impugnazione, di beneficiare di una riduzione degli importi da versare che oltre alla maggiore imposta dovuta, varia da un terzo a un sesto dell’importo delle sanzioni aggiuntive e degli interessi. Tuttavia, il contribuente dovrebbe effettuare il pagamento entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto. In ogni caso il contribuente potrà anche pattuire il pagamento con rateazione in più anni.

Accertamento con adesione.

Per evitare una disputa legale, il contribuente può concordare con l’Amministrazione gli importi dovuti a titolo di imposta mediante l’accertamento con adesione, anche prima dell’avviso di accertamento. In questo caso, il contribuente usufruisce di una riduzione delle sanzioni, limitate a un terzo del minimo.

Rateizzazione del pagamento.

Dopo acquiescenza o accertamento con adesione, il contribuente può rateizzare i pagamenti. Per gli avvisi bonari gli importi inferiori a 5.000€, possono essere dilazionati fino a otto rate trimestrali; per importi superiori a 5.000€, fino a venti rate trimestrali. Invece per gli avvisi di accertamento le rate possono essere fino a 8 trimestrali per importi inferiori a 50.000 euro e fino a 16 rate trimestrali per importi superiori a 50.000 euro. I versamenti per imposte dirette, IVA, Irap e imposte sui redditi si effettuano tramite modello F24; per le imposte indirette, tramite modello F23.

Il contribuente deve inviare all’Amministrazione la quietanza del primo pagamento rateale entro 20 giorni in caso di accertamento con adesione, entro 30 giorni o 90 giorni in caso di controllo automatizzato a seconda che venga inviato per posta ordinaria o in via telematica. In questi casi il versamento costituisce accettazione della chiusura della controversia e consente di accedere al pagamento dilazionato.

 

Scadenza accertamenti fiscali

La notifica di un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate è vincolata dal rispetto di specifici termini di decadenza, oltre i quali l’Ufficio non è più autorizzato a procedere con la comunicazione dell’avviso di accertamento.

Di seguito, esaminiamo i termini di prescrizione relativi all’accertamento fiscale, considerando due situazioni distinte.

  • Se il contribuente ha presentato le dichiarazioni fiscali (per imposte dirette e IVA). In questo caso, l’avviso di accertamento deve essere notificato, pena la decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
  • Se il contribuente non ha presentato le dichiarazioni fiscali (per imposte dirette e IVA). In questa circostanza, l’avviso di accertamento deve essere notificato, pena la decadenza, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
  • È essenziale sottolineare che, entro la scadenza dei suddetti termini di decadenza, l’Agenzia delle Entrate può integrare o modificare l’accertamento fiscale precedentemente notificato al contribuente mediante l’emissione di nuovi avvisi, basandosi sulla conoscenza di nuovi elementi acquisita successivamente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

In tale eventualità, nell’accertamento fiscale devono essere chiaramente indicati, pena la nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali l’Ufficio ha acquisito conoscenza delle imposte.

Qualora l’amministrazione finanziaria non rispetti i suddetti termini, decade dalla sua potestà impositiva, perdendo la facoltà di notificare ulteriori comunicazioni al contribuente.

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